Benito Pérez Galdós
TRISTANA
I
En el populoso barrio de Chamberí, más cerca del Depósito de Aguas que de Cuatro Caminos, vivía, no ha muchos años, un hidalgo de buena estampa y nombre peregrino; no aposentado en casa solariega, pues por allí no las hubo nunca, sino en plebeyo cuarto de alquiler de los baratitos, con ruidoso vecindario de taberna, merendero, cabrería y estrecho patio interior de habitaciones numeradas. La primera vez que tuve conocimiento de tal personaje y pude observar su catadura militar de antiguo cuño, algo así como una reminiscencia pictórica de los tercios viejos de Flandes, dijéronme que se llamaba don Lope de Sosa, nombre que trasciende al polvo de los teatros o a romance de los que traen los librillos de retórica; y, en efecto, nombrábanle así algunos amigos maleantes; pero él respondía por don Lope Garrido. Andando el tiempo, supe que la partida de bautismo rezaba don Juan López Garrido, resultando que aquel sonoro don Lope era composición del caballero, como un precioso afeite aplicado a embellecer la personalidad; y tan bien caía en su cara enjuta, de líneas firmes y nobles, tan buen acomodo hacía el nombre con la espigada tiesura del cuerpo, con la nariz de caballete, con su despejada frente y sus ojos vivísimos, con el mostacho entrecano y la perilla corta, tiesa y provocativa, que el sujeto no se podía llamar de otra manera. O había que matarle o decirle don Lope.
Carlo Collodi
PINOCCHIO
I. Come andò che maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino.
C ’era una volta...
— Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr’Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura.
Appena maestro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno, si rallegrò tutto e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce:
— Questo legno è capitato a tempo: voglio servirmene per fare una gamba di tavolino.
Detto fatto, prese subito l’ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a digrossarlo, ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata, rimase col braccio sospeso in aria, perché sentì una vocina sottile, che disse raccomandandosi:
— Non mi picchiar tanto forte!
Figuratevi come rimase quel buon vecchio di maestro Ciliegia!
Girò gli occhi smarriti intorno alla stanza per vedere di dove mai poteva essere uscita quella vocina, e non vide nessuno! Guardò sotto il banco, e nessuno; guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno; guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; apri l’uscio di bottega per dare un’occhiata anche sulla strada, e nessuno! O dunque?..
— Ho capito; — disse allora ridendo e grattandosi la parrucca, — si vede che quella vocina me la sono figurata io. Rimettiamoci a lavorare.
E ripresa l’ascia in mano, tirò giù un solennissimo colpo sul pezzo di legno.
— Ohi! tu m’hai fatto male! — gridò rammaricandosi la solita vocina.